Le radici
Nella storia dell'umanità, in ogni luogo, le persone con disabilità sono state private del loro posto legittimo nella loro comunità.
Il loro posto è sempre l'ultimo, un luogo di sofferenza intollerabile.
La loro storia è piena di situazioni di esclusione, di isolamento, di dolore e di privazioni.
In molte culture la loro esistenza è vista come il segno di una punizione divina, e questo è fonte di una terribile umiliazione.
Di fronte a questi dati di fatto, i genitori, i familiari e le comunità delle persone nate con una disabilità possono giustamente domandarsi: "Ma cosa abbiamo fatto di male?" "Come faremo ad affrontare le esigenze di questo bambino e cosa diranno gli altri di noi e di nostro figlio?". Sono domande piene di angoscia.
Questi bambini particolari sono stati spesso nascosti, messi in istituti, separati dalla loro famiglia o direttamente abbandonati nella miseria e privati dell'essenziale e anche della dignità umana.
Si dimentica facilmente questa parte della storia, soprattutto dopo la tendenza generale alla deistituzionalizzazione comparsa negli ultimi cinquant'anni.
Inoltre è troppo facile ignorare una realtà: sapere che tali condizioni continuano ad esistere oggi in molti luoghi del mondo.
Un deposito della miseria umana
E' di fronte a questa storia di esclusione e di vergogna che si è certamente trovato Jean Vanier quando, nel 1964, è stato invitato dal suo amico Padre Philippe Thomas a recarsi al piccolo villaggio francese di Trosly-Breuil. Padre Thomas era il cappellano di un piccolo istituto situato in questo villaggio dove erano ospitate delle persone con disabilità. Due volte al giorno, si faceva fare una marcia quasi militare a questi uomini che restavano per il resto del tempo chiusi a doppia mandata nel loro istituto.
Padre Thomas colpito dalla relazione personale di Jean con questi uomini lo invita a visitare l'ospedale psichiatrico locale dove numerose altre persone vivevano in condizioni ancora più terribili. Quello che succedeva in questo ospedale della Francia non è specificato ma non era diverso da quello che avveniva nel resto del mondo in istituzioni similari.
Inizialmente ansioso di sapere come avrebbe parlato a questi uomini, Jean fu commosso oltre ogni aspettativa dalla sua prima visita all'ospedale psichiatrico di Clermont. C'era qualcosa di terribilmente ingiusto e disumano in quello che vide in quel posto. Ed è in questo deposito della miseria umana che Jean Vanier ha trovato il senso e il punto fermo che cercava; l'inizio della battaglia di tutta la sua vita contro le forze dell'esclusione. Un'azione ad immagine e somiglianza dell'uomo: autentica, costante, giusta, pacifica, appassionata e sempre realistica.
Un altro mondo
Jean Vanier, figlio di un ambiente privilegiato, ufficiale di marina, professore di filosofia e teologia invita Raphaël et Philippe, due uomini con disabilità, dell'ospedale psichiatrico di Clairmont a condividere la loro vita con lui. Un invito che avrebbe aperto la porta a tutto un altro mondo.
Una tavola, delle risate, dei canti e delle battaglie di bucce di arancia furono le prime situazioni che unirono in maniera veramente profonda i tre uomini. Per svilupparsi L'Arca doveva diventare un luogo dove ognuno si sarebbe sentito uguale all'altro e amato, un luogo dove la gioia di vivere in una comune amicizia potesse spezzare il peso emotivo che anni di diversità di pregiudizi e di rifiuto avevano forgiato
Questa atmosfera assolutamente inusuale era contagiosa e stupiva i vicini e gli amici che visitavano l'Arca. Questa casa divenne un luogo di appartenenza dove chiunque poteva essere se stesso e gioire della vita con il suo prossimo.
Jean divenne estremamente sensibile alla fragilità fisica ed emotiva dei suoi nuovi amici, una vulnerabilità causata dai rifiuti e dalle sofferenze che li avevano induriti.
Egli divenne anche consapevole dei suoi blocchi, dei suoi limiti e del proprio bisogno di amicizia. Poco a poco il maestro stava diventando allievo.
Loro lo accettavano in quanto Jean e non in quanto ufficiale, professore o filosofo. Insieme, questo insolito trio formò la prima comunità. Chiamarono la loro casa L'Arca, un nome simbolico che significava che erano tutti sulla stessa barca! Un nome che effettivamente ricordava la lezione che l'anziano ufficiale di marina doveva apprendere velocemente sulla loro reciproca vulnerabilità.
Tutti a bordo!
Jean era veramente un pessimo cuoco; tutti e tre avevano veramente bisogno di essere aiutati. Gli abitanti del paesino li aiutavano come potevano, gli amici del Canada e dell'Inghilterra ai quali Jean scriveva venivano a verificare di persona dove viveva. Durante l'estate, ritornò in Canada e tenne un ciclo di conferenze sulla sua nuova vita, rivolte anche agli studenti universitari.
Alcuni di loro, ispirati dalla grande coerenza tra le sue teorie e la vita che conduceva, venirono all'Arca per lavorarci. Ann e Steve Newroth furono due tra questi. Ritornarono in Canada per aprire lì la prima casa dell'Arca «Daybreak», a Richmond Hill. Mira che desiderava tornare a vivere in India, il suo paese natale, venne a Daybreak con Gabrielle che aveva incontrato Jean a Montréal. In seguito a questo primo incontro conoscitivo e ad un successivo viaggio di Jean e Gabrielle in India, fu creata la prima Arca di questo paese : «Asha Niketan Bangalore».
Questa dinamica fu all'origine di ogni comunità dell'Arca. Una persona con un desiderio ardente arriva all'Arca e vi trova una risposta e una soluzione: e delle comunità sono rapidamente fiorite in diversi paesi: Regno Unito, Francia, Canada, India, Africa, Danimarca, Australia, Nuova Zelanda, Filippine, Giappone, Ukraina, Haiti, Honduras, Messico, Siria, Egitto, Argentina e Bangladesh.
Questa notevole crescita è molto ben documentata nel libro di Jean Vanier "La nostra vita insieme" che contiene le lettere che egli ha indirizzato alle comunità.
Un pellegrinaggio inusuale
La nascita di Fede e Luce fu ugualmente straordinaria.
Loïc et Thadée erano entrambi affetti da una malformazione genetica molto grave e provenivano dalla medesima famiglia. I loro genitori li portarono a Lourdes, luogo di pellegrinaggio tradizionalmente volto a consolare e guarire le persone malate e portatrici di disabilità.
La coppia apprese che i loro figli non potevano consumare i loro pasti nella sala da pranzo dell'hotel insieme agli altri clienti perchè rischiavano di infastidirli.
Per contrastare questa discriminazione, Marie-Hélène Mathieu e Jean Vanier tornarono a Lourdes a Pasqua nel 1971 accompagnati da 12000 persone con handicap e dalle loro famiglie. Il risultato è stato, tenendo conto di questa incredibile risposta, che ogni piccolo gruppo di famiglie avendo viaggiato insieme continuò a riunirsi nel proprio paese allo scopo di aiutarsi reciprocamente.
E' così che è nata Fede e Luce. Nel 2011 con più di 1600 comunità in 80 paesi, questo movimento celebra il suo quarantesimo anniversario dal primo incontro a Lourdes, organizzando numerosi pellegrinaggi in tutto il mondo.
La crescita dell'Arca e di Fede e Luce è stata notevole sotto molti punti di vista. Si tratta di una crescita basata su delle relazioni umane, una crescita spontanea che non era prevista, soprattutto all'inizio.
Una crescita ispirata alla fede e nutrita da una trasformazione interiore che scaturisce dalle relazioni di amicizia e di sostegno reciproco. Questo non poteva essere previsto. E' una crescita che risponde ad un bisogno reale ma spesso anche ad un desiderio intenso di un altro modo di essere, di capire, di vivere insieme, di essere alla ricerca della verità o di Dio. E' incredibile che nessuno sia apparso per promuovere questa crescita; nessuno l'ha prevista e nessun consulente ha orientato il suo sviluppo. Questa crescita si è fatta carico della fragilità, della dipendenza reciproca e della fiducia
Una crescita che supera ogni intenzione e ogni previsione!
L'università del cuore
Nel mondo intero, diverse migliaia di esseri umani, spesso dei giovani, sono stati profondamente toccati dai momenti passati all'Arca o a Fede e Luce. Sono diventati gli allievi degli uomini e delle donne fragili e vulnerabili che gli hanno rivelato una nuova visione della vita e un nuovo senso dell'altruismo. Essi ritornano nei loro paesi portando questa nuova visione del futuro e diffondono gli insegnamenti dell'Arca.
Con la chiusura delle istituzioni, altre organizzazioni come PLAN o Tyze si sono appropriate con successo della visione di Jean. Hanno creato intorno alle persone con disabilità dei gruppi di amici permettendo anche a questi ultimi di imparare un nuovo modo di vivere insieme, occupandosi dei membri più vulnerabili del loro ambiente o del loro vicinato, e questo è stato fonte di unità per tutti in particolar modo per queste persone, che a causa della loro indifferenza alla diversità non avrebbero mai avuto l'opportunità di fare questa esperienza.
La sfida del futuro
La stigmatizzazione sociale nei confronti degli uomini e delle donne con handicap che esisteva in Francia e nel mondo intero nel 1964 è ancora presente in molti paesi. Infatti, l'isolamento e l'esclusione delle "persone diverse" è ancora giustificata dalla necessità di "proteggerli".
Nei paesi distrutti dalla Guerra, dai disastri ecologici o dalla povertà, gli uomini e le donne con disabilità sono spesso esclusi tra gli esclusi. Anche nei paesi sviluppati dove i diritti delle persone con disabilità sono riconosciuti e socialmente accettati, la maggior parte di loro deve lottare duramente per trovare al loro interno un luogo e un sentimento di appartenenza, e per occupare un posto in quanto membro di un tutto.
L'Arca e Fede e Luce sono delle opere di giustizia. La lotta di Jean Vanier che è iniziata nel piccolo villaggio di Trosly nel 1964 prosegue ancora adesso. La ricerca della giustizia e della pace esige un coinvolgimento di tutta la vita e, all'età di 83 anni, il fervore del fondatore è ancora visibile nella sua serena lucidità. Egli è ancora più convinto che mai che i più deboli fanno nascere ciò che di più bello e di più luminoso in noi e in coloro che gli stanno vicino.
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